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venerdì 26 gennaio 2007

RIFLESSIONI DI VIAGGIO

Proprio ieri sera stavo riflettendo sul tema del viaggio.
Prima di tutto ci tengo a fare una distinzione tra turista e viaggiatore.
Il turista è quello che si fa la sua bella e meritata settimana di vacanza nel villaggio,un'oasi alcune volte al centro del nulla.
Il viaggiatore è colui che vive il luogo..lo respira..lo accarezza..se lo gusta un passo alla volta..colui che si mimetizza negli usi e costumi..
Io intendo questo per VIAGGIATORE.
Per le poche esperienze che ho fatto,io mi rivedo i ciò che ho appena scritto,nel viaggiatore che diventa un tutt'uno con il paesaggio..o almeno provo ad esserlo!
La domanda che mi sono posto è:perché nell'indole umana c'è questa necessità? Le persone viaggiano per scappare?per scoprire?per sete di avventura?per conoscersi?
Non sono giunto ad una conclusione..forse le riposte a tutti questi "perché" non le sapremo mai...la risposta ognuno la trova da solo..dentro di se...

Questa è la mia dedica odierna a tutti voi,ma soprattutto a coloro che vogliono avventurarsi verso latitudini ignote..che hanno la necessita di stare sempre in movimento...che hanno sentore di un fuoco che arde dentro..
Ragazzi...se sentite quel fuoco...beh..siete pronti...seguite il vostro istinto..
Provateci almeno...
Non aspettate domani..il futuro è adesso....

Ho scelto questi versi del grande poeta Francesco Guccini(ancora una volta),poiché con questo testo ci riporta alle atmosfere fantastiche dell'Odissea..il meraviglioso viaggio di Ulisse verso casa..
contro gli Dei...il fato avverso...e le umane genti...riusci dopo un'infinità di avventure a tornare finalmente a Itaca..dalla sua Penelope...
Io sono affascinato da questo eroe,perché un po come me o tutti noi, è spinto dalla curiosità di vedere cosa c'è oltre..(..fatti non foste a viver come bruti,ma per seguir virtude e canoscienza..i famosi versi che Dante fa pronunciare ad Ulisse prima del "folle volo")...dalla voglia di avventura..per toccare con mano i propri limiti...e superarli.


Odysseus F.Guccini

Bisogna che lo affermi fortemente che, certo, non appartenevo al mare
anche se i Dei d’Olimpo e umana gente mi sospinsero un giorno a navigare
e se guardavo l’isola petrosa, ulivi e armenti sopra a ogni collina
c’era il mio cuore al sommo d’ogni cosa, c’era l’anima mia che è contadina,
un’isola d’aratro e di frumento senza le vele, senza pescatori,
il sudore e la terra erano argento, il vino e l’olio erano i miei ori....

Ma se tu guardi un monte che hai di faccia senti che ti sospinge a un altro monte,
un’isola col mare che l’abbraccia ti chiama a un’altra isola di fronte
e diedi un volto a quelle mie chimere, le navi costruii di forma ardita,
concavi navi dalle vele nere e nel mare cambiò quella mia vita...
E il mare trascurato mi travolse, seppi che il mio futuro era sul mare
con un dubbio però che non si sciolse, senza futuro era il mio navigare...

Ma nel futuro trame di passato si uniscono a brandelli di presente,
ti esalta l’acqua e al gusto del salato brucia la mente
e ad ogni viaggio reinventarsi un mito a ogni incontro ridisegnare il mondo
e perdersi nel gusto del proibito sempre più in fondo...

E andare in giorni bianchi come arsura, soffio di vento e forza delle braccia,
mano al timone, sguardo nella prua, schiuma che lascia effimera una traccia,
andare nella notte che ti avvolge scrutando delle stelle il tremolare
in alto l’Orsa è un segno che ti volge diritta verso il nord della Polare.
E andare come spinto dal destino verso una guerra, verso l’avventura
e tornare contro ogni vaticino contro gli Dei e contro la paura.

E andare verso isole incantate, verso altri amori, verso forze arcane,
compagni persi e navi naufragate per mesi, anni, o soltanto settimane...
La memoria confonde e dà l’oblio, chi era Nausica, e dove le sirene?
Circe e Calypso perse nel brusio di voci che non so legare assieme,
mi sfuggono il timone, vela, remo, la frattura fra inizio ed il finire,
l’urlo dell’accecato Polifemo ed il mio navigare per fuggire...

E fuggendo si muore e la mia morte sento vicina quando tutto tace
sul mare, e maledico la mia sorte, non trovo pace,
forse perché sono rimasto solo, ma allora non tremava la mia mano
e i remi mutai in ali al folle volo oltre l’umano...

La via del mare segna false rotte, ingannevole in mare ogni tracciato,
solo leggende perse nella notte perenne di chi un giorno mi ha cantato
donandomi però un’eterna vita racchiusa in versi, in ritmi, in una rima,
dandomi ancora la gioia infinita di entrare in porti sconosciuti prima....


2 commenti:

Anonimo ha detto...

Io ho perso l'occasione di fare ROMA-CAPO NORD per stare con una che dopo 6 mesi m'ha mollato.
Non rinnego ciò che ho fatto, però me magno le mani.

Cyrano ha detto...

Quindi concordi con quello che ho scritto...
Si dovrebbe vivere all'insegna del CARPE DIEM...ma non è così facile...
Comunque,siamo ancora in tempo per spaccare il mondo...Per usare un'altra frase fatta...VOLERE E' POTERE....
Bella cì.....